lunedì, Aprile 29, 2024

Più conoscenza scientifica per guardare al futuro con l’ottimismo del sapere

Secondo molti commentatori dell’ultima versione del Next Generation Italia, nel nostro PNRR o Recovery Plan è del tutto assente un deciso riferimento alla biodiversità ed ai principi o fondamenti comuni a tutte le forme di vita. Il termine “biodiversità” compare nel documento solo due volte e solo episodicamente, mentre nelle linee guida europee al discordo sulla salvaguardia della componente biologica del pianeta si dà molto spesso la massima rilevanza. I commentatori hanno rilevato che nella parte del Piano dedicata in particolare all’ambiente non vi sono riferimenti precisi all’approfondimento dei meccanismi naturali sulla biodiversità e sugli ecosistemi, punto fondamentale di partenza per ogni tipo d’investimento sul nostro futuro. Mi viene da ricordare che tutto questo non mi meraviglia affatto, dopo tutto non siamo in Italia? Vale la pena d’osservare, dunque, che nel nostro Paese, specie al Sud, un pronunciato deficit di cultura naturalistica di base impedisce alle persone di rendersi pienamente conto di come si sia giunti all’attuale e drammatico livello di crisi ambientale – la recente alluvione in Emilia-Romagna, seguita da altre alluvioni ed altri rovinosi incendi, docet – mentre solo qualche giorno fa la Gazzetta del Mezzogiorno di Bari sul medesimo tema titolava: “Sempre più lontani dalla natura, diventiamo più fragili”. Accade questo perché si sa poco di come si sia evoluta la vita, di come si siano originati e di come funzionino gli ecosistemi, e quale sia il posto dell’Uomo nella Natura: persone informate, al contrario, potrebbero modificare più facilmente il loro stile di vita, e crearsi una propria opinione autonoma che porti poi a scegliere la linea di condotta più favorevole alla propria sopravvivenza e a quella delle generazioni che verranno. Ma come informarsi correttamente se nel nostro Paese, come si accennava prima, i nostri politici, nazionali e locali, non hanno la minima preparazione sul come cercare di conseguire relazioni più armoniose tra uomo e natura perché totalmente assorbiti, tra le altre cose, dall’aspetto “umano” dell’ambiente? Possibile che nessuno di loro si è ancora accorto che la capacità dell’uomo di modificare (in peggio) l’ambiente s’è sviluppata molto più in fretta della possibilità di comprenderne struttura e funzioni, fondamento dell’ecologia? L’ecologo Eugene P. Odum a tale proposito scrive che “lo studio degli ambienti” – considerati come sistemi più complessi entro cui gli organismi biologici interagiscono tra loro e con il mondo minerale – è certo materia la cui importanza appare ogni giorno crescente, soprattutto da quando il progresso tecnologico e l’aumento esponenziale della popolazione umana hanno mostrato ai sapiens i vantaggi e i pericoli che possono derivare da profonde trasformazioni dell’ambiente naturale. Proprio in questi giorni mi è capitato di ascoltare una Radio locale che parlava esplicitamente di quanto fosse ormai del tutto inutile spendere altre risorse per tutelare beni storici e archeologici quando, considerato come vanno oggi le cose con il clima, da un momento all’altro tutti potremmo trovarci con i piani bassi della casa completamente allagati! Allagati non solo da acque dolci, ma anche dal mare, che sale di anno in anno sempre di più e minaccia d’invadere anche le case della Città Vecchia della nostra Città in un non lontanissimo futuro… se non ci si affretta a correre subito ai ripari! Per tutti questi motivi, col patrocinio dell’ENEA di Roma, della Regione Basilicata e il Parco Nazionale del Pollino, abbiamo realizzato il Museo Laboratorio della Fauna Minore, una struttura museale che, pur nel suo piccolo, pretende di dare ai visitatori la giusta informazione sulla vita degli Insetti che costituiscono, nella stragrande maggioranza, una generosa “invenzione” della natura che gli ha eletti a componenti fondamentali della vita e del buon funzionamento degli ecosistemi. Pur in assenza del coordinamento di un “Museo Nazionale di Scienze Naturali”, sono più che certo che tale attività di capillare informazione scientifica, realizzata anche attraverso piccoli musei naturalistici o “Case della Natura” che dir si voglia, si dimostrerà fondamentale ai fini d’una maggiore conoscenza dei problemi ambientali del nostro tempo, e, cosa che ci preme di più, contribuire a conferire un futuro di sostenibilità e di “pace con la Natura” per la nostra società. Penso sia giunto il momento in cui l’amministrazione comunale di Taranto si decida a porre le basi di un nuovo, originale luogo di partecipazione collettiva e democratica della conoscenza, un Museo Civico di Scienze Naturali e Ambientali dove si farà ricerca, conservazione, condivisione dei saperi scientifici e soprattutto sensibilizzazione sui temi ambientali, aprendosi ai pubblici più diversi, soprattutto giovani e giovanissimi. Sarà certo un’idea vincente e insieme una grande sfida che, così come accaduto in altre realtà importanti del nostro Paese, potrà rapportarsi anche con le Università, avendo tutte le carte in regola per diventare un teatro bello e appassionante di cittadinanza scientifica.

Valentino Valentini

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