Gli animi si scaldano nell’aula bunker del carcere di Rebibbia. Eleonora Nicla Moiraghi, l’avvocata che difende Raoul Esteban Calderon, incalza il teste con domande che suscitano l’opposizione del PM, Mario Palazzi. Il tema al centro del dibattimento non è la pistola usata per sparare alle spalle di Fabrizio Piscitelli il 7 agosto 2019 nel parco degli Acquedotti. Non sono i rapporti che la vittima aveva con il mondo criminale romano. Al centro di questa udienza c’è la telecamera che ha immortalato l’uomo vestito da runner che si vede scappare pochi istanti dopo gli spari che hanno freddato il capo ultrà. Come era attaccata quella telecamera? Chi l’ha rimossa per consegnarla agli agenti di polizia? Quando è stata consegnata, il giorno stesso dell’omicidio o l’indomani? È stata consegnata contestualmente al sequestro della scheda o separatamente da questo?
Domande rivolte al figlio della proprietaria dell’appartamento sul cui balcone era installata la telecamera. Fu lui ad aprire la porta alla polizia (la madre era in ferie da un mese). Fu lui ad accompagnare gli agenti che portarono via la scheda di memoria lo stesso 7 agosto e l’indomani prelevarono anche l’apparecchio. Una videocamera ancorata a una canalina con delle fascette elettriche. Il duello tra difesa e procura continua anche nella discussione delle eccezioni. La difesa, ad esempio, si oppone alla richiesta della procura di ascoltare come testi i fratelli Fabrizio e Simone Capogna, utili, secondo il pm, a chiarire il contesto criminale in cui matura l’omicidio Piscitelli.
Fabrizio Piscitelli, la telecamera che ha ripreso il killer subito dopo l’omicidio
![](https://www.quotidianolavoce.it/cms/app/uploads/2023/03/BarDoria970x250.jpg)