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giovedì, Maggio 30, 2024

Omicidio Selavdi, a Roma il pagamento da 150mila euro al killer

Il pagamento dei 150mila euro al presunto killer avviene a Roma, ricostruiscono gli investigatori. Precisamente il 22 settembre del 2020, il giorno della morte di Shehaj Selavdi e a 48 ore dagli spari contro Simone, soprannome proprio del 38enne di origini albanesi. Il luogo dell’incontro a Boccea, a poche centinaia di metri dall’abitazione della famiglia Bennato. Lo rivelano le chat tra Altin Sinomati, detto il Lungo, narcotrafficante, anche lui albanese, ritenuto il mandante dell’omicidio di Shehaj, e Raul Esteban Calderon. L’argentino è accusato, insieme a Enrico Bennato, di essere l’esecutore materiale del delitto di Torvajanica ed è alla sbarra a Roma come sicario di Fabrizio Piscitelli. Nelle conversazioni criptate acquisite dagli investigatori francesi i ruoli nell’esecuzione mafiosa allo stabilimento Bora Bora. Più complicato del previsto portare in aula gli inquirenti transalpini, citati come testi. L’udienza dunque davanti alla Corte d’Assise di Frosinone si chiude in pochi minuti. Le intercettazioni raccontano i sopralluoghi di Calderon, la pianificazione dell’agguato da parte dell’argentino e di Giuseppe Molisso. Ma anche il rimprovero di Sinomati a Calderon per aver utilizzato una 7 e 65 che non aveva ucciso subito Shehaj. Il Lungo lo informa che gli avrebbe inviato “2/3 ferri buoni”. Il compenso per l’omicidio viene fatto arrivare da Sinomati a Calderon – si legge sempre nelle carte – grazie alla rete di collegamenti che il boss di Tepelene vantava su tutto il territorio europeo. I soggetti coinvolti nell’esecuzione di Simone – scrivono gli investigatori – sono riconducibili al gruppo di Giuseppe Molisso, indagato anche come mandante dell’omicidio di Diabolik. La struttura associativa capeggiata dal Barba (soprannome di Molisso) viene ritenuta dai magistrati la più efficiente, sanguinaria e pericolosa nel panorama criminale capitolino.

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