giovedì, Novembre 14, 2024

Boxe: cinquant’anni fa “Rumble in the Jungle”, ovvero Alì contro Foreman: l’evento sportivo del XX secolo

di Alessandro Ceccarelli

Il 30 ottobre del 1974 George Foreman, allora indiscusso campione del mondo dei pesi massimi e lo sfidante Muhammad Ali, leggendario ex detentore del titolo, si affrontarono a Kinshasa, allora capitale delle Zaire (Oggi Repubblica del Congo) in un epico e drammatico incontro di box che è passato alla storia come uno dei più importanti avvenimenti sportivi del secolo scorso. L’incontro fu vinto all’ottavo round per Ko da Muhammad Ali che riconquistò l’ambita corona dopo che la Corte Suprema degli Usa lo aveva detronizzato nell’ottobre del 1967 per non aver combattuto in Vietnam. Di quel match è stato detto praticamente tutto: centinaia di articoli, uno straordinario libro di Norman Mailer (The fight, 1975), un documentario (“quando eravamo Re”) Premio Oscar nel 1996, e “Ali”, un film diretto da Michael Mann nel 2002. A distanza di 50 anni cerchiamo di ripercorrere quella magica notte in cui, contro tutti i pronostici, Muhammad Alì sconfisse quello che era definito il più potente pugile della storia.

Due pugili, due visioni della vita
Innanzitutto ripercorriamo brevemente la storia dei due protagonisti. Partiamo da George Foreman, detentore del titolo prima del grande match. Foreman era nato il 10 gennaio del 1949 a Marshall, Texas. La sua fu un’adolescenza difficile, fatta di povertà e privazioni. Il giovane crebbe con una rabbia interiore che sfogava in frequenti risse tra bande. Nel 1965 entrò a far parte dello Job Corps, un’agenzia del governo americano che promuoveva una sorta di lavori socialmente utili e la riqualificazione professionale dei partecipanti, e per due anni lavorò in Oregon, collaborando a opere di costruzione e rimboschimento. Durante la permanenza in Oregon, la sua attitudine bellicosa fu causa di continue risse con i suoi colleghi. Fu allora che un istruttore di pugilato, Nick Broadus, intuì le grandi potenzialità del giovane e turbolento Foreman e lo introdusse alla boxe. Medaglia d’oro a 19 anni alle olimpiadi a Città del Messico del 1968, professionista a 20 anni, Foreman ha scalato rapidamente il ranking dei pesi massimi. Finalmente il giovane massimo nel gennaio 1973 a 24 anni potè sfidare l’indiscusso campione del mondo Joe Frazier. Il mondo della boxe rimase incredulo: il giovane sfidante travolse il temuto detentore del titolo WBA-WBC e lo mandò al tappeto ben sei volte nei primi due round dopodiché l’arbitro fu costretto a fermare l’incontro. A Tokyo, il primo settembre del 1973, Foreman incontrò, per la prima difesa del titolo, il portoricano José Roman, un pugile poco quotato. In 55 secondi Foreman riuscì ad atterrare per tre volte l’avversario e a chiudere l’incontro. A tutt’oggi questo rimane il più breve match della storia per la categoria dei pesi massimi. Gli appassionati della boxe rimasero stupiti per l’estrema facilità con cui si sbarazzò anche del quotato Ken Norton sempre in due round a Caracas, Venezuela, nel marzo del 1974. Qualche anno più tardi, ricordando quegli avvenimenti, Norton disse: “La sera che mi confrontai con lui George fu mostruoso: l’inpersonificazione, per cinque minuti, dell’Armata Rossa all’attacco”. Dopo queste tre travolgenti vittorie sembrava essere un pugile imbattibile. Caratterialmente Foreman era una persona estremamente semplice: parlava pochissimo, era scontroso, introverso, faceva di tutto per essere antipatico. Anche quando divenne campione del mondo non fu mai amato dal pubblico e dalla stampa. Anche questo fu un suo grande limite, una pericolosa fragilità interiore che il suo intelligente sfidante intuì. Muhammad Ali era un pugile e un atleta completamente diverso. Era molto estroverso, sbruffone, parlava moltissimo e velocemente. Era un vero e proprio oratore. Oltre alla boxe era un uomo intelligente, sensibile e colto. Soprattutto negli anni Sessanta si impegnò in prima persona per la parità dei diritti civili tra bianchi e afroamericani. Fu uno dei leader del movimento dei neri, amico di Malcom X ucciso nel 1965. Nato a Louisville il 17 gennaio del 1942, è stato un atleta eccellente, con una straordinaria agilità di gambe e di braccia mai vista prima. Fu il primo boxeur a dare grande importanza alla mobilità. Pugile dotato di una notevole intelligenza tattica e abile stratega è riuscito a sconfiggere numerosi avversari (Frazier, Foreman, Shavers, Norton e Lyle) più potenti di lui dal punti di vista fisico. Memorabili i tre match contro il suo grande rivale Joe Frazier nel 1971, 1974 e 1975. L’incontro con George Foreman a Kinshasa, Zaire nel 1974 è probabilmente il match di pugilato più importante della storia. Ecco in sintesi la sua straordinaria carriera prima dell’incontro di Kinshasa. Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Roma nel 1960 a 18 anni, campione del mondo nel febbraio del 1964 a 22 anni, dopo aver sconfitto il temibile e potentissimo Sonny Liston. Ali difese il titolo nove volte sino al marzo del 1967. Rimase imbattuto sino a quando fu privato del titolo mondiale perché renitente alla leva. Cassius Clay con un gesto clamoroso per quei tempi rifiutò di andare a combattere in Vietnam dicendo in una celebre intervista: “I vietcong non mi hanno mai detto sporco negro…”. Per tutta risposta la commissione pugilistica gli tolse il titolo mondiale e la Corte Suprema avviò un’azione contro l’atleta. Passarono circa tre anni prima che potè tornare sul ring contro Jerry Quarry il 26 ottobre del 1970. La prima sconfitta della sua carriera fu nel marzo del 1971 contro Joe Frazier. Prima del match di Kinshasa Alì sconfisse Ken Norton nel settembre del 1973 e Joe Frazier nel gennaio del 1974, i due pugili che lo avevano battuto.
“Rumble in the jungle”, Kinshasa, 30 ottobre del 1974
Foreman e Ali passarono l’estate del 1974 ad allenarsi nello Zaire, abituando i loro corpi al calore e al clima tropicale della nazione africana. L’incontro era programmato in settembre, ma durante l’allenamento il detentore del titolo si ferì, per cui l’incontro dovette essere spostato ad ottobre. Il Match cominciò alle 4 di mattina secondo l’ora di Kinshasa, per poter essere trasmesso in diretta al pubblico televisivo americano. La trasmissione era commentata da Bob Sheridan, mentre David Frost conduceva le interviste dal bordo del ring. All’incontro erano presenti numerosi divi del cinema e campioni di boxe, tra cui Ken Norton e Joe Frazier. Foreman era dato per superfavorito: i colpi veloci di Ali non sembravano pericolosi per un pugile di grande massa e forza come Foreman. Il campione era considerato come il pugile più forte fisicamente mai esistito. Lo sfidante era dato per spacciato, non aveva nessuna possibilità di poter vincere l’incontro. Ma tutti i pronostici furono ribaltati da un’incredibile strategia che Alì applicò durante quello storico match. L’ex campione, che nelle interviste mostrava una sicurezza oltre ogni misura, in realtà sapeva di non poterlo battere sul piano fisico. Pianificò quindi un’audacissima tattica che risultò essere quella di far stancare il suo avversario. Dal secondo round in poi si appoggiò alle corde e cercò di schivare e attutire sulle braccia i potentissimi colpi di Foreman che tentava a sua volta di scardinare la sua difesa a riccio. Pian piano che i round passavano, Foreman era sempre più stanco e quando capì che aveva ormai le braccia appesantite dall’adrenalina, all’ottavo round Alì colpì il campione al volto con una combinazione fulminea e il gigante del Texas cadde al tappeto. Alì aveva vinto contro tutti i pronostici. Il pugile di Louisville riconquistava il titolo mondiale esattamente dieci anni dopo averlo strappato a Liston. Questa inattesa e clamorosa sconfitta gettò il giovane Foreman in un periodo di profonda frustrazione e depressione. Per molto tempo non accettò quel verdetto. Solo molti anni più tardi fu in grado di riconoscere che a Kinshasa Ali vinse perché “era, almeno per quella notte, l’atleta migliore”. Tornò sul ring dopo una lunga pausa nel gennaio del 1976. L’ex campione dopo l’inattesa seconda sconfitta contro un modesto Jimmy Young nel marzo del 1977 annunciò il suo ritiro. Stupì ancora il mondo della boxe quando dieci anni dopo, nel 1987, ha 38 anni e visibilmente ingrassato tornò sul ring. Il 5 novembre 1994, “Big George”, tornò campione contro il non talentuoso Michael Moorer aggiudicandosi il titolo WBA-IBF. E stabilì due record: essere tornato campione del mondo venti anni dopo averlo perso e conquistarlo alla veneranda età di 45 anni. Si è ritirato definitivamente nel 1997 a 48 anni. Ora è un imprenditore di successo nel settore degli hambugers. Alì invece rimase campione del mondo sino al febbraio del 1978 quando fu battuto da un giovane Leon Spinks. Alì compì il suo ultimo ‘miracolo’ quando il 15 settembre del 1978 conquistò per la terza volta il titolo mondiale battendo sempre il mediocre Leon Spinks. Il campione si ritirò in un primo momento nel settembre del 1979. Gli ultimi due incontri furono contro Holmes nell’ottobre del 1980 e contro Trevor Berbick nel dicembre del 1981, entrambi persi. Annunciò il definitivo ritiro dalla boxe nel 1981. Nel 1984 annunciò di essere affetto dal morbo di Parkinson anche se in realà i primi sintomi erano già presenti dal 1979. Nel 1999 è stato nominato atleta del secolo e miglior peso massimo di tutti i tempi. Si è spento il 3 giugno del 2016 nell’ospedale di Scottsdale nello stato dell’Arizona.

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